Di Raffale Parente
Casalvecchio di Puglia (foto 1), in provincia di Foggia, è un paese arbëreshë che conserva tradizioni e cultura tramandate dagli avi, provenienti dall’Albania, a causa dell’occupazione turca-ottomana dopo la morte di Giorgio Kastriota Skanderberg, tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500.
Essendo in collina, Casalvecchio gode di un orizzonte molto vasto e vario; la montagna da un lato che scende nella provincia di Campobasso fino alle più alte vette dell’Abruzzo (la Maiella), dall’altro, verso la pianura, con il promontorio del Gargano, il Tavoliere e le Tremiti.
È il paese più giovane del sub-appenino Dauno essendo stato fondato nel 1578 quando, agli albanesi viene assegnato un territorio di 25 carra (500 versure).
I primi albanesi che raggiunsero il territorio, per lo più uomini, si stanziarono nei territori di Castelluccio degli Schiavi (oggi Castelnuovo della Daunia) in “pagliari” ovvero piccole abitazioni costruite in legno, paglia e fango. Ben presto iniziarono le liti con gli abitanti di Castelnuovo che li accusavano di violenze, ruberie e di condurre una vita senza regole. Le liti erano sempre più frequenti e il Vicerè di Napoli, il Cardinale Granvela, ordinò agli albanesi, nel 1552, di bruciare i pagliari e di trasferirsi in una vicina comunità civile.
Gli albanesi si trasferirono a Castelnuovo, nel quartiere ancora oggi chiamato “degli albanesi”, dove rimasero fino a quando il Vicerè di Napoli, stanco dei continui litigi, lasciò liberi gli albanesi di fondare un proprio paese.
Durante la permanenza a Castelnuovo, gli albanesi, di rito greco-bizantino, edificarono la Chiesa di San Nicola Vescovo. La chiesa è ancora oggi presente anche se è stata più volte ricostruita e rimaneggiata nel corso dei secoli e ha perso lo stile orientale dell’origine.
QUARTIERE SHËN NDONI
Quando nel 1578 gli albanesi lasciarono Castelnuovo si stanziarono nella zona che oggi è il centro storico di Casalvecchio (foto 2). Realizzarono un abitato fatto di strade regolari e delimitato da strade di collegamento con i centri vicini. Qui edificarono anche il primo edificio di culto del paese dedicato a Sant’Antonio Abate, oggi abitazione privata. Da questa antica chiesa prende anche nome il quartiere: Shën Ndoni.
CHIESA MADRE SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI
Dopo le forti pressioni da parte dei Vescovi latini per far abbandonare il rito orientale, nel 1632 i casalvecchiesi costruirono la Chiesa Madre intitolata ai Santi Pietro e Paolo Apostoli. Dalla prima edificazione, l’edificio è stato più volte rimaneggiato ed ingrandito. Si conosce, come attesta una lapide all’interno (foto 3), la data della consacrazione avvenuta il 27 Giugno 1713 da parte del Cardinale Vincenzo Maria Orsini, divenuto poi Papa Benedetto XIII.
La chiesa si presenta con una sobria facciata intonacata (foto 4) con due lesene ai lati dell’ingresso che sembrano reggere il cornicione. Il portale è in pietra ed è sormontato da una lunetta probabilmente affrescata agli inizi della costruzione.
L’interno (foto 5) si presenta ad aula unica a pianta rettangolare con massicce colonne che rompono la continuità dei muri laterali. La volta è a botte con degli archi a vista a tutto sesto. Il pavimento originario è andato perduto perché sostituito da quello attuale nel 1977. Lungo la parete di sinistra c’è una porta laterale che conserva una parte del pavimento originario. Sulle pareti laterali dell’edificio, nel corso degli anni sono state realizzate delle nicchie che ospitano numerose statue legate alla devozione e alla pietà popolare.
Nella zona immediatamente prima dell’altare, sulle pareti laterali, ci sono due bellissimi altari (foto 6-7) finemente decorati in stile barocco con ricami floreali e angelici. Nel 1977 le parti inferiori degli altari sono state modificate e rivestite con lastre in marmo.
La zona del presbiterio (foto 8) è quella più ricca di elementi di pregio. Ai lati ci sono due medaglioni sorretti ognuno da un angelo rappresentano a destra un paesaggio notturno e a sinistra un paesaggio di giorno, come mostrano rispettivamente la stella e il sole.
Al centro del presbiterio, nella parte alta, c’è un bellissimo quadro (foto 9), olio su tela (279×229 cm) di Michelangelo Sammarco datato 1759. Il quadro raffigura la Madonna del Carmelo tra i santi Pietro e Paolo. La scena raffigura la Madonna circondata dagli angeli che salva le anime del purgatorio che sono nel parte bassa del quadro. Nella parte alta due bellissimi angeli incoronano la Vergine.
Il fronte prospettico dell’altare ad arco, racchiudeva un abside che ospitava un coro ligneo poi abbattuto per creare la sacrestia e chiuso da una parete sulla quale è appeso il Crocifisso in legno ottocentesco.
CHIESA DELLE ANIME SANTE DEL PURGATORIO
La chiesa (foto 10) è stata costruita nel 1750 a spese di Carlo Fratta e Fiore Giovanni come ricorda una lapide sulla parete interna. La chiesa era adiacente al cimitero che era situato nel posto dove oggi c’è piazza San Pio da Pietrelcina. Dopo aver spostato il cimitero nel 1830 la chiesa fu aperta al pubblico culto per molti anni. Le precarie condizioni della copertura dell’edificio hanno portato spesso il comune che ne aveva la proprietà, essendo cappella cimiteriale, a sospenderne il culto e abbozzare riparazioni poco sufficienti. Nel 1937 il Commissario Prefettizio cede la proprietà alla parrocchia che l’ha spogliata degli arredi ecclesiastici (altare in gesso) e l’ha utilizzata come centro di aggregazione. Dopo il terremoto del 1980 dell’Irpinia il tetto ha subito ancora danni ed e stata definitivamente chiusa e lasciata in totali condizioni di abbandono.
La chiesa ha un impianto rettangolare con tetto a falde poggiante su una struttura di capiate lignee. La zona dell’altare ha una copertura a botte.
Nel pavimento è possibile riconoscere, tramite mattonelle di colore diverso, una gran fossa usata per il seppellimento dei morti prima e come ossario dopo.
CHIESA SANTA MARIA DELLE GRAZIE
Non si conosce con esattezza l’anno in cui fu costruita la prima volta, ma dalla data su una lapide all’interno della chiesa che cita il 1818 come data di costruzione di un altare laterale, si può dire che venne edificata tra la fine del 1700 e i primi anni del 1800 su un terreno donato da Martino Beccia. Pare che sia stata riedificata almeno tre volte dalla sua prima costruzione. L’ultima costruzione e del 1995 (foto 11).
La sua storia e i motivi per cui fu costruita sono avvolti nella leggenda. La costruzione della chiesa inizia dopo il ritrovamento del quadro della Madonne delle Grazie proveniente da Gildone (CB), in un pozzo comunale, ancora oggi conosciuto come “u puzz da Madonn” (foto 12).
Il quadro, secondo i racconti tramandati, si dice doveva raffigurare la Santa Vergine con il bambino poggiata su una nuvoletta al centro di una scena angelica. Il quadro era posto sulla parete laterale con una lampada ad olio sempre accesa davanti. Sempre racconti narrano che il quadro si bruciò in un incendio verso la metà dell’800.
Narra la leggenda che dopo il ritrovamento del quadro, la Madonna delle Grazie andò in sogno ad un casalvecchiese dicendogli di costruire una cappella in suo onore (foto 13-14) nel posto in cui Lei avrebbe fatto trovare la neve (una specie di brina). Il contadino pensando di aver fatto un sogno irrealizzabile, la mattina di buonora, preso da grande curiosità si è recato nel luogo indicato dalla Madonna. Verificando che non era un sogno ne parlò con il parroco del paese e la popolazione subito iniziò la costruzione della chiesa. Questo racconto popolare trova riscontro nel racconto popolare e nella storia di Gildone (CB).
La facciata dell’edificio attuale a mattoni a facciavista tende a ricordare le forme della vecchia chiesa. La cuspide al centro della facciata che un tempo era il culmine del tetto della navata centrale oggi è diventato un timpano in cemento armato che circa dieci anni fa è stato arricchito con un mosaico di maioliche raffiguranti la Madonna delle Grazie, San Nicola di Bari e San Matteo Apostolo ed Evangelista. La facciata non presenta decorazioni di pregio ma è arricchita da una vetrata tonda sull’ingresso principale e due vetrate a semicerchio sulle porte laterali.
L’interno (foto 15) è ad aula unica a pianta rettangolare, soffitto a capanna e con travi a vista. I muri sono in mattoni a facciavista. L’unico altare laterale è quello dedicata alla Madonna delle Grazie, patrona di Casalvecchio. Di fronte all’altare della Madonna trova posto il battistero.
L’altare principale è caratterizzato da una cornice che richiama l’attenzione del fedele verso la mensa. Nella parete delimitata dalla cornice trova posto un crocifisso in legno.
Essendo una chiesa dalle linee moderne e semplici, il progetto originale non prevedeva nicchie e cappelle laterali, ma dovendo esporre alla venerazione le statue dei santi presenti nella vecchia chiesa vennero realizzate delle mensole in legno.












